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Documento Fenagi sulla Proposta di Legge per la riforma dell'editoria

parlamento“Istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione del sostegno pubblico all’editoria”

La proposta di legge n. 3317, “Istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione del sostegno pubblico all’editoria”, presentata alla Camera dei Deputati il 22 settembre 2015, all’art. 3, comma 1, delega il Governo, al fine di garantire maggiori coerenza ed efficacia al sostegno pubblico all’editoria, in un contesto di perdurante crisi del settore e di ridefinizione delle strutture, dei processi e dei modelli imprenditoriali che producono e diffondono informazione arricchendo il panorama dell’informazione pluralista e indipendente, ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto:

– la ridefinizione della disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici;

– la previsione di misure per il sostegno agli investimenti delle imprese editoriali;

– l’innovazione del sistema distributivo, il finanziamento di progetti innovativi nel campo dell’editoria presentati da imprese di nuova costituzione, nonché misure a sostegno di processi di ristrutturazione e di riorganizzazione delle imprese editoriali già costituite.

Al comma 2, lettera l), lo stesso art. 3 indica i princìpi e criteri cui il Governo si dovrà attenere nell’esercizio della delega, con riferimento allo stadio finale del canale distributivo rappresentato dalle edicole.
In particolare, in considerazione della rilevanza operativa in termini di servizio per i consumatori e di copertura territoriale per gli editori, nonché dei livelli occupazionali diretti del settore, il decreto legislativo dovrà perseguire:

1) l’attuazione del processo di progressiva liberalizzazione della vendita di prodotti editoriali, favorendo l’adeguamento della rete alle mutate condizioni e mitigando gli effetti negativi di breve termine;

2) la promozione, di concerto con le regioni, di un regime di piena liberalizzazione degli orari di apertura dei punti di vendita e rimozione degli ostacoli che limitano la possibilità di ampliare l’assortimento dei punti di vendita all’intermediazione di altri beni e servizi, con lo scopo di accrescerne le fonti di ricavo potenziale;

3) la promozione di iniziative di concentrazione strategica dei punti di vendita, al fine di creare le condizioni per lo sviluppo di nuove formule imprenditoriali commerciali;

4) il completamento dell’informatizzazione delle strutture, al fine di connettere i punti di vendita e di costituire una nuova rete integrata capillare nel territorio.

Punto 1 – La liberalizzazione
Sul tema delle liberalizzazioni, la propensione del Governo sembra non andare oltre quanto già previsto dal decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, e dal successivo decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, legge 24 marzo 2012, n. 27 nella quale, in particolare, si dispone l’eliminazione delle norme che prevedono limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso dell’amministrazione comunque denominati per l’avvio di un’attività economica.
Visto, però, che nel testo si parla di un processo di liberalizzazione progressiva ed “indolore” per l’attuale rete di vendita, si potrebbe pensare che il Governo sia propenso per una soluzione attraverso la quale le amministrazioni Locali ( Regioni e Comuni) nell’attuazione della norma, possano fare riferimento a parametri incentrati sull’esistenza di “aree da tutelare” (la cui individuazione rientra nei poteri dei Comuni), funzionali ad “assicurare un corretto sviluppo del settore” e si fondano sulla definizione di parametri ed indici di qualità (Art. 64 D.lgs. 59/2010).
In tal senso il “processo di progressiva liberalizzazione”, come richiamato all’art. 3 della pdl, potrebbe essere gestito mediante una regolamentazione che, pur escludendo i requisiti restrittivi ( come ad esempio: distanza tra vecchio e nuovo punto vendita, densità della popolazione, condizioni economiche, ecc,) mantenga un regime autorizzatorio ponderato ( nella pratica, qualunque negozio che ritiene di possedere i requisiti fissati dalla Regione e/o dal Comune, inoltra la cosiddetta scia e inizia a vendere. Le amministrazioni avranno poi 60 giorni per esercitare i controlli ed eventualmente chiedere all’impresa, in mancanza dei requisiti necessari, la rimozione del prodotto dalla vendita). Si ritiene dunque che già il legislatore possa (e in tal senso i lavori parlamentari potranno consentire le opportune modifiche del testo di base) tracciare princìpi e criteri che indichino al Governo “la via” della futura disciplina del settore.

Punto 2 – La liberalizzazione degli orari
Sul punto 2 francamente è difficile interpretare quale sia stato il bisogno di sottolineare la piena liberalizzazione degli orari, visto che l’edicola, dai primi anni del secolo scorso è una delle poche attività che apre all’alba e chiude la sera, spesso la notte. Anche considerando il vincolo contrattuale con gli editori per l’agibilità della rete di vendita l’edicola, come minimo, sta aperta al pubblico 12 ore ed ha solo 5 giorni di festa l’anno: Natale, Santo Stefano, Capodanno, lunedì di Pasqua, 16 Agosto.

Punto 3 – Canale di vendita
Su questo punto si concentra la parte innovativa delle legge rispetto la rete di vendita.
La “promozione di iniziative di concentrazione strategica dei punti di vendita, al fine di creare le condizioni per lo sviluppo di nuove formule imprenditoriali commerciali” potrebbe ricondursi alla visione della rete di vendita organizzata tra un canale di edicole specializzate ( le cosiddette esclusive) e le altre tipologie di negozi che venderanno i quotidiani e/o riviste, come suggerito dalla Fenagi durante gli incontri con il Governo e come progettato dalla Fieg attraverso il protocollo d’intesa con i Distributori locali.
Infatti, escludendo, per ovvi motivi, l’aspetto territoriale della concentrazione dei punti vendita, si potrebbe intendere che le “le condizioni per lo sviluppo di nuove formule imprenditoriali commerciali” si riferiscono a soluzioni che raccolgano tipologie di rivendita simili in “ Strutture” commerciali rese conformi per il servizio da offrire nella vendita del prodotto editoriale quotidiano e periodico.
Se questo fosse l’intendimento del Governo, la differenza tra la nostra impostazione e quella della Fieg sta nella selezione delle edicole per il canale dedicato che, da parte nostra, individuiamo attraverso una serie di criteri condivisi tra editori –Rivenditori- Distributori- in sede Istituzionale, mentre per gli Editori è sufficiente la scelta su territorio della Distribuzione locale secondo i parametri previsti dal protocollo Fieg-Ndm-Anadis.

Punto 4 – Informatizzazione
Il completamento dell’informatizzazione …. è un punto ineludibile per realizzare una delle condizioni che potrebbero contribuire a far uscire le edicole da una situazione di stallo dove, per vari morivi, nel corso degli anni la filiera non è riuscita a dotarsi di un sistema informatico omogeneo con la possibilità di essere sfruttato anche per servizi diversi da quelli editoriali.
Il fatto che il processo di informatizzazione deve “ costituire una nuova rete integrata capillare nel territorio,” a nostro avviso oltre a rendere “conformi” le rivendite (al fine di accedere al canale di vendita), sembra scontata la convergenza dei vari livelli d’informatizzazione delle edicole già raggiunti verso un unico progetto standard per il quale destinare risorse pubbliche.

L’ Articolo 5 – Parità di trattamento
L’art. 5 (Nuove disposizioni per la vendita dei giornali) della pdl, da parte sua, stabilisce che “a decorrere dal 1° gennaio 2016, i punti di vendita esclusivi assicurano la parità di trattamento nella vendita delle pubblicazioni regolari in occasione della loro prima immissione nel mercato. Per pubblicazioni regolari si intendono quelle che hanno già effettuato la registrazione presso il tribunale, che sono diffuse al pubblico con periodicità regolare, che rispettano tutti gli obblighi previsti dalla legge 8 febbraio 1948, n. 47, e che recano stampati sul prodotto e in posizione visibile la data e la periodicità effettiva, il codice a barre e la data di prima immissione nel mercato”.
La disposizione sembra tesa a perseguire un obiettivo benefico per la categoria, ossia quello di evitare l’eccessivo ed inutile accumulo di prodotti editoriali già editi all’interno degli esercizi, eliminando, così, l’anticipazione del contante su prodotti già forniti e che vengono reimmessi con varie modalità nel circuito distributivo.
L’efficacia della norma, a nostro avviso, è strettamente connessa all’inserimento nel testo proposto della definizione di “prima immissione nel mercato” che così come è scritta si presta troppe interpretazioni soggettive es.: ogni numero di una pubblicazione è una prima uscita, una pubblicazione può uscire inizialmente solo in qualche zona e distribuire la stessa, nel tempo, nelle aree nelle quali ha deciso di espandere la vendita ecc.

Con la progressiva liberalizzazione in atto l’obbligo sulla parità di trattamento è una norma che tutela solo gli editori ed i distributori con le conseguenze contrattuali negative per la rete di vendita che tutti conosciamo.
Per la Fenagi Confesercenti è necessario riconsiderare completamente la norma riservandola solo ai quotidiani.

Leggi il Testo della Proposta