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Intervento della Fenagi al Congresso dello Snag-Confcommercio

“Come può sopravvivere una intera rete di vendita per la diffusione della carta stampata?”

Analisi del mercato
Il settore della stampa quotidiana registra un costante calo delle vendite a partire dal 2001, con unica eccezione del 2006 (+ 0.9% sul 2005).
Negli ultimi sei anni, periodo 2007-2012, le copie d quotidiani venduti al giorno sono passate da 5.400.000 a 3.900.000 in media 5,2% in meno ogni anno.
Considerando il prezzo medio del prodotto ad un euro, possiamo dire che i ricavi della rete di vendita sono diminuiti, nel giro di sei anni di 1.500.000 € al giorno cioè circa il 38 % in meno dal 2006 al 2012.
A questo si deve aggiungere il dato negativo del 2013.
Per i periodici la situazione non cambia: la media della vendita a numero dei settimanali si attesta per il 2012 a circa 10.000.000 di copie mentre, per i mensili , siamo a 9.500.000 copie con una contrazione sull’anno precedente del 6,4% per i settimanali e 8,9% dei mensili.
Oltre alla perdita di ricavo dovuta alla diminuzione delle vendite, va aggiunta la drastica riduzione del prezzo di copertina della maggioranza dei settimanali che oggi spesso costano meno dei quotidiani.
Oggi possiamo stimare che il mercato di riferimento per la vendita della carta stampa può contare, stante ai dati del 2012, su ricavi da vendita intorno a 3,7mld di € (2,2mld per i periodici + 1.5mld per i quotidiani).

Come decresce la rete di vendita
Oggi i punti vendita complessivi che vendono quotidiani e periodici rappresentano circa le 32.000 unità.
Qua dentro ci sono tutti: dalle edicole, ai supermercati, dai bar con tre quotidiani alle tabaccherie, dai cosiddetti “promiscui” agli autogrill ecc.
Se confrontiamo il dato negli ultimi dieci anni notiamo che siamo passati da 40000 del 2004 a 32000, circa il 23% in dieci anni; una media del 2,3% annuo.
E’ una rete in contrazione, certo, comunque il trend della riduzione non segue le dinamiche del fatturato che negli ultimi anni 10 anni si è dimezzato.
Per il 60% della rete, la vendita dei quotidiani e periodici non rappresenta il loro core business, pertanto la loro sopravvivenza non è in relazione con la diminuzione delle vendite.
Diverso il discorso per il restante 40% , circa 13000 punti vendita tradizionali, che ancora rappresentano la struttura portante della vendita: circa il 60% delle vendite dei prodotti passa da loro.
Se ad una prima lettura questo dato può suscitare ottimismo, c’è da dire questo tipo di punto vendita è fortemente caratterizzato dal suo prodotto di riferimento e difficilmente l’edicolante ha altre alternative da abbinare al prodotto principale, rendendo precaria la propria sostenibilità economica.

Contesto legislativo
L’entrata in vigore della Legge 170 del 2001 venne considerata una buona Legge di mediazione tra la volontà degli editori di liberalizzare la vendita del loro prodotto, realizzando una maggiore occasione di contatto con i consumatori, e l’esigenza dei rivenditori di conservare il loro mercato e la loro caratteristica di “venditore esclusivo”. Da una parte gli editori che allargano la rete di vendita, dall’altra gli edicolanti esclusivi che rimangono punto di riferimento anche per quanti “scoprono” il prodotto editoriale acquistato occasionalmente in altri negozi.
A tredici anni di distanza le priorità sono completamente cambiate.
Dopo anni consecutivi di segno meno nei ricavi, il calo delle vendite è divenuto strutturale; da qui l’esigenza del Legislatore di spostare il focus del provvedimento sulla tenuta economica della rete una volta cosiddetta esclusiva.
Consentendo alle edicole di vendere qualsiasi merceologia, la Legge 27 del 2012, con l’art 39 lettera d-bis supera di fatto l’assetto della rete di vendita disegnato dalla legge del 2001, che distingueva due canali di vendita tra esclusivi e non esclusivi ponendo le basi per profondi cambiamenti nel sistema di relazione tra i soggetti della filiera nella commercializzazione del prodotto.
Con migliaia di punti vendita chiusi nel periodo 2004-2013 ed il giro d’affari praticamente dimezzato, non si è vista altra alternativa che dare la possibilità di implementare il reddito alle edicole.

Come cambia lo scenario
Così anche la Legge dello scorso anno certifica la costatazione che con il solo prodotto editoriale sarà difficile per tutti assicurarsi una soglia minima di fatturato tale da dare copertura ai costi di gestione e remunerare adeguatamente l’attività del punto vendita.
l’Art 39, tuttavia, rappresenta anche un segnale di cambiamento del Legislatore rispetto la considerazione del prodotto quotidiano e periodico. Ricordando solo due dei diversi provvedimenti di legge sul prodotto stampato, la riduzione del fondo per l’editoria da 700 milioni nel 2007 a 95 nel 2012 ( con l’erogazione dei fondi solo a che transita dalla carta al digitale) e l’aumento dell’aliquota iva per i prodotti allegati a quotidiani e riviste, dimostrano che i giornali non sono più visti come l’unica fonte di informazione oltre la televisione, con la sola Rai, come accadeva 33 anni fa, dai tempi della legge 416 del 1981, e come tale da mettere sotto la protezione dello Stato.
Si è spostata la priorità del Legislatore rispetto la rete di vendita. Privilegiando l’aspetto economico, lo stesso Legislatore, riconosce un ruolo delle edicole più marginale nei confronti della garanzia di diffusione di prodotti d’informazione. Del resto la facilità e l’enorme possibilità di accesso a diversi mezzi d’informazione, rendono spesso anacronistiche certe visioni dell’edicola rispetto la Costituzione e la garanzia dei cittadini di informarsi in modo pluralista, vista la vastissima offerta di contenuti oggi disponibile su qualsiasi mezzo dalla radio allo smartphone passando dalla tv (digitale e satellitare)per arrivate ai pc o ai tablet.
Tutte queste misure obbligano gli editori a ricercare le risorse necessarie per la sopravvivenza, mettendo a dura prova la capacità di fare impresa rispetto il passato.

Il canale di vendita
“Il 40% dei punti vendita tradizionali, rappresentano la struttura portante della vendita: circa il 60% delle vendite dei prodotti passa da loro.” E’ partendo da questo dato che la Fenagi sollecita le altre associazioni di categoria ad individuare un percorso unitario per considerare l’opportunità di costruire un canale di vendita attraverso norme contrattuali, potrebbe voler dire, per tutta la filiera della distribuzione e vendita della carta stampata, riorganizzarsi su logiche d’impresa. Superando rendite di posizione, puntare su qualità del prodotto e capacità di commercializzazione dello stesso, introducendo incentivi alla vendita, si potrebbe creare la premessa per realizzare un nuovo canale di vendita dedicato per la vendita del prodotto editoriale, lasciando la libertà di adesione agli imprenditori che vorranno farne parte secondo la loro convenienza.
In un rapporto paritario Fieg – Organizzazioni rappresentative dei rivenditori – Associazioni della Distribuzione, dovremmo riuscire ad individuare dei criteri sui quali riformare la composizione della rete di vendita, e far nascere un canale di vendita dedito alla vendita del prodotto editoriale. Dove la distribuzione locale potrebbe assumere un ruolo di intermediazione tra l’editore la rete per il posizionamento del prodotto in una logica di costi e benefici.
L’obiettivo potrebbe essere raggiunto gestendo e programmando le attività che i tre soggetti coinvolti dovranno svolgere per collegare l’offerta alla domanda secondo efficienza ed efficacia. Il confronto potrebbe essere avviato su questi tre temi:

• la struttura del canale dedicato: “chi dovrà farne parte”
• la ripartizione delle attività di distribuzione nei confronti del canale ed il resto della rete
• incentivi alla vendita: margine a remunerazione dei servizi svolti dal canale

Attendiamo risposte.
Buon lavoro

P.S.
“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”
Sir. Winston Churchill